Marzo 2020
L’arte ai tempi del Coronavirus.
Mi chiamo Giuseppe Zumbolo, vivo a Soresina, in provincia di Cremona, attualmente la nostra zona è quella più colpita dall’epidemia. Soresina è una cittadina di 9000 abitanti, famosa per la pubblicità del Grana Padano, lì dove non si dicono bugie. Al momento ci sono circa 100 contagiati e 10 morti, ho pianto per loro, in un piccolo centro ci si conosce tutti. Persone anziane, ma non solo, li vedevo quasi tutti ai giardini pubblici del paese, dato che il mio studio è proprio di fronte ai giardini. Soprattutto d’estate, seduto sulla panchina parlavo un po’con loro, mi raccontavano delle loro cose: il clima, la politica, il governo… Che tristezza! Mio fratello e mio cognato sono stati contagiati dal Covid-19, il primo e in quarantena a casa, il secondo è ricoverato all’ospedale di Lodi, col supporto respiratorio. Non sono molto anziani, circa 60 anni. In questo preciso momento sono un po’ in ansia, dato che mia moglie, infermiera, è di turno in ospedale, aspetto con trepidazione che arrivi a casa.
Che dire? Sono chiuso in casa da 15 giorni, si esce solo per la spesa al supermercato o per andare in farmacia, alternandoci, io e mia moglie. In questo periodo, a motivo della restrizioni ministeriali non vado nello studio a lavorare, restrizioni che ritengo giuste. L’arte mi manca molto, da sempre dipingere o scolpire è stato per me una cosa essenziale, imprescindibile fin da bambino. Ora sto in casa, con i pochi mezzi che ho a disposizione ho fatto un collage, titolo 20-Venti, inizio con timore. forse non è un capolavoro, ma ho voluto raccontare il momento particolare. L’arte non ha la prerogativa di risolvere i problemi, ma racconta, stimola, motiva, anticipa, amplifica.
L’artista spesso funge cassa di risonanza, soffre, piange…
Oltre al collage in questo periodo mi sono dedicato, dato che suono la chitarra, alla traduzione di un testo di Neil Young del 1972. “ Aut on the weekend”, dalla raccolta Harvest, un disco che ho sempre amato. Nella canzone si respira tutta l’aria di quel tempo, libertà, amore, inquietudine, il desiderio di cambiare il mondo, di cercare un posto che si chiami mio. Il pezzo ha un’introduzione d’armonica tra le più belle mai sentite. Poi… Droga e acidi sperimentali hanno bruciato tutto, cervelli e speranze. Il sogno degli hippy fu infranto prima ancora di cominciare. Ai tempi giravo l’Europa in autostop con zaino e sacco a pelo. La mia arte? Che dire, mi aiuta a vivere e a non mollare, non potrei vivere senza dipingere, quando sono nello studio dimentico tutto, il tempo scorre veloce come in autostrada. La mia pittura è istintivamente contemporanea, nel senso che non posso fare a meno di essere influenzato da ciò che mi circonda e da ciò che accade.
Lavoro tanto, in continuazione, accumulo opere su opere, non so cosa succederà poi, per adesso non mi pongo il problema. Se non dovessi dipingere o scolpire sarei un morto vivente.
Tornando al presente, penso che non dobbiamo farci prendere dal panico ne cadere nell’assoluto sconforto. Anche se non è facile, dobbiamo mantenere un certo equilibrio ed essere positivi. Dobbiamo sostenerci a vicenda, l’uomo è una creatura che ha bisogno di socialità, nessun uomo è un’isola. Magari in momenti come questi emergono, dal nostro cuore aspetti che avevamo dimenticato, che ci avvicinano agli altri e ci fanno rendere conto che siamo tutti sulla stessa barca.
Grazie per avermi dato la possibilità di condividere questo breve scritto, in circostanze normali non l’avrei mai fatto. Ma ora siamo ai tempi del Coronavirus.
Giuseppe Zumbolo