In questi giorni di vita casalinga mi sono chiesto perché dipingo.
Sicuramente la vanità ha un suo ruolo, essere artista è fico, sentirsi chiamare maestro è appagante, ma la verità è che dipingere è come affrontare nello sport una gara individuale: i tuoi avversari sono i colori, la tela bianca, i pennelli e così via e gli strumenti sono la spatola i pennelli e la tavolozza ecc.
Sono avversari silenti ma potenti, è vero esistono regole, ma si prova a smontarle, colori freddi, caldi, colori primari o complementari, quante volte si sente l’espressione “è una tela bianca”, bene questo è il primo problema, iniziare un lavoro, anche se lo hai pensato a lungo, è una violenza contro te stesso, fare un segno su quel candore è una fatica che in definitiva mette in crisi ogni pensiero precedente, e normalmente quello che fai non ha alcun senso rispetto alle cose che avevi programmato. La forza viene ben sapendo che quello che fai è provvisorio, modificabile e davanti a te esiste il vuoto.
E’ questo vuoto il fascino del dipingere, la mente entra in quello spazio vuoto e galleggia, sono un astronauta senza navicella, dipingi come se fosse l’unica cosa che esiste al mondo, la fame,le sofferenze , la sete e soprattutto il tempo non esiste più. E’ questo il momento terapeutico della pittura, lavori senza sosta, ma un appuntamento, un impegno ed ecco che devi interrompere il tutto.
Come sarà la ripresa, sarai lo stesso, il tempo è cambiato, hai un dolorino che prima no avevi e devi andare avanti, l’incontro riprende e qui non esiste un arbitro che lancia la moneta per vedere chi inizia, qui sei tu solo e sei perdente comunque anche e soprattutto quando il tutto è finito, quel lavoro non ti appartiene più, rappresenta il passato nel presente sei solo e il futuro è un nuovo conflitto cosciente che sarà una nuova sconfitta.
Allora perché dipingo, sono consapevole che è un privilegio viaggiare nello spazio senza tempo.
#iorestoacasa
Raccontami la tua storia e verrà pubblicata sul nostro blog