MALA TEMPORA CURRUNT
Vedo tanti inviti a restare a casa da parte di persone che vivono in ville con parco e piscine e penso alle tante persone cui quegli inviti sono rivolti che si trovano rinchiuse in spazi stretti, in vicoli ciechi senza luce e alle quali non è permesso neppure di uscire per prendere un po’ di sole al parco o al mare o sui monti. Penso ai senza tetto che devono frequentare dormitori pubblici in coabitazione con decine di altre persone e quindi più esposti al contagio virale. Vivo in un condominio formato da casette a schiera, con poggioli e piccolo giardino da cui posso ammirare le mie alte montagne ancora innevate, mentre qui fioriscono i prugni e le mie clivie volgono al cielo la loro bellezza. Mi scopro fortunata perché sono pensionata, ho gli spazi per condurre una vita abbastanza normale e posso continuare a dipingere. Sole caldo di primavera. Il mio corpo ne gode come un dono, ma il mio pensiero si ribella e mi costringe a meditare sul mondo in cui viviamo, un mondo precario, di folle ingiustizia: gli ultimi continuano a pagare il prezzo più alto. C’è solo la paura della gran livellatrice cantata dal principe de Curtis che ci accomuna . Mi scopro preoccupata per mio figlio, solo, altrove, lo percepisco intento nel lavoro a contatto col pubblico senza protezione di sorta e poi.. immagini di gente mascherata, avvolta in camici pesanti, coi volti stanchi e segnati da occhiali che incidono nasi e zigomi e i cui corpi intrisi di sudore cercano di soccorrere persone che respirano a stento nell’attesa di giungere al confine dove si compirà il loro destino. Mala tempora…ma non mi sconforto: ho conosciuto tempi ancor più duri per me, brutali -direi- vissuti dopo che la mia mano solcando il seno aveva rivelato, incredula, l’insorgenza di quel nodulo inquietante che lo screening non aveva colto. L’arte era stata buona compagna anche allora. Una pulsione vitale mi portava a reprimere il conato di pianto inducendomi a sfogare su qualsiasi supporto le mie emozioni, dimentica della stanchezza fisica. Un frutto di quell’impulso è il quadro che presento ora: l’ho terminato durante la fase più intensa delle cure trasformando quella che in origine voleva essere un’opera astratta in un quadro simbolico. “L’ottavo segno” è il suo titolo, che prende lo spunto da una leggenda secondo cui otto segni avrebbero annunciato la caduta dell’impero azteco; l’ottavo segno era dato da uno strano uccello nei cui occhi Montezuma vide strane creature orribili e minacciose sbarcare del tutto inattese sul suolo azteco. Il quadro descrive il momento in cui l’imperatore si rende conto del pericolo e viene preso dallo sgomento. In generale il quadro rappresenta lo sgomento che proviamo di fronte alla minaccia mortale che giunge improvvisa per noi, per i nostri cari, o anche per tutti , come certe pandemie.
#iorestoacasa
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